STOP ALLE DIMISSIONI TRUCCATE

A rischio il posto di lavoro dopo sei giorni di assenze non giustificate.

Al sesto giorno di assenze consecutive ingiustificate, il rapporto di lavoro si risolverà per volontà del lavoratore. Di conseguenza, i datori di lavoro non dovranno più licenziare per “assenza ingiustificata” e non dovranno più pagare una multa. Al sesto giorno di assenza ingiustificata consecutiva, il rapporto di lavoro sarà, infatti, considerato cessazione volontaria da parte del lavoratore. Così il datore di lavoro non dovrà più continuare a licenziarlo per “assenza ingiustificata” come avviene oggi e, cosa più importante, non dovrà più pagare il TFR (1.809 euro se il lavoratore ha 3 anni o più di anzianità in azienda). I lavoratori perdono il diritto all’indennità di disoccupazione, come accade in caso di dimissioni. Lo prevede il ddl lavoro approvato dal Consiglio dei ministri il 1° maggio.  Questa novità risolve un vecchio problema legato al diritto alla Naspi, ovvero l’indennità di disoccupazione per i dipendenti. Il problema nasce dal fatto che la Naspi può essere esercitata solo da lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, nel senso che non hanno diritto alla Naspi in caso di cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni o risoluzione consensuale, salvo dimissioni per giustificati motivi (es. -pagamento stipendi o sommosse) o dimettersi durante la tutela della maternità. Naspi è subdolo. Consapevoli che in caso di dimissioni avrebbero perso i diritti sulla Naspi, i lavoratori hanno escogitato un sistema efficace per aggirare l’ostacolo alla decisione di andarsene: non presentarsi più al lavoro. Infatti, in questo modo, la mancata difesa delle assenze li espone al rischio di licenziamento disciplinare, una volta licenziati. Il sistema funziona bene, ma negli ultimi anni ha iniziato a farsi strada attraverso i tribunali su una seconda questione: il pagamento delle multe. Ricordiamo, ad esempio, che il Tribunale di Udine ha confermato nella sentenza n. 106/2020 che una società che ha indotto il licenziamento di un dipendente non dimissionario ma assente ingiustamente per ottenere la Naspi ha diritto (dal dipendente) ad un rimborso Importo versato all’INPS a titolo di tagliando di licenziamento. Biglietto di licenziamento. Infatti, un’altra conseguenza del licenziamento dei lavoratori è che il datore di lavoro è obbligato a pagare il cosiddetto ticket di licenziamento, destinato a finanziare la Naspi proprio per l’INPS, che invece non deve essere pagato in caso di dimissioni. Calcolata su base annualizzata, la multa ammonta al 41 per cento del “tetto mensile” della Naspi e va pagata per ogni anno di anzianità posseduto dai lavoratori dell’azienda che lo ha licenziato, fino a tre anni. Con la Circolare n. 14/2023, l’INPS ha fissato un tetto massimo effettivo per il 2023 di 1.470,99 euro, di cui 603,11 euro di abbonamento annuale (557,92 euro nel 2022). Sintetizzando, il ddl del 1° maggio prevede dunque che se l’assenza ingiustificata si protrae oltre il periodo previsto dal contratto collettivo aziendale applicabile, ovvero cinque giorni in assenza di contratto, il rapporto si considera risolto volontariamente e per volontà del lavoratore. In base a questa disposizione, le aziende non dovranno più licenziare i lavoratori per assenze ingiustificate, o addirittura pagare una multa per il licenziamento, e i lavoratori non avranno diritto alla Naspi.

ultima modifica: 2023-05-04T11:00:00+02:00 da siale

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